IL CIBO, IL MERCATO E LA CITTA’

di ROSAMARIA SORGE ♦

Io a Palermo ci sono quasi nata, dico quasi perché essendo nata il 1 gennaio incautamente mia madre decise di passare il Natale ad Agrigento con i suoi genitori e mi si racconta che dopo una notte di danze e bagordi ebbe le doglie. Ma fui portata in città dopo pochi giorni e di fatto posso considerarmi palermitana a tutti gli effetti. Quando tu vivi in una città di tante cose non ti rendi conto, ad esempio non ti rendi conto delle bellezze architettoniche perché ti circondano da sempre e non le vedi più e non ti rendi conto di quello che mangi perché ti sembra tutto scontato,quasi che fosse così dappertutto, specialmente se sei molto giovane. Poi come è successo a me vai via e allora dopo un poco ti riemergono prepotenti i ricordi dei luoghi e alla prima sollecitazione anche sapori e profumi , come con le madeleine di Proust.

Per anni non sono tornata a Palermo, avevo troppo da fare, non ne avevo il tempo e forse nemmeno la voglia poi una estate fui invitata da una vecchia amica, compagna di liceo e di università, architetto come me, a passare qualche giorno da lei. Aveva acquistato fuori Palermo una villa grandissima dove il marito, psicologo e docente universitario teneva dei corsi di perfezionamento e dove lei oltre lo studio di architettura aveva iniziato ad organizzare dei corsi di meditazione. Fu così che ripresi il contatto con la mia città. Fu così che cominciai a vedere tutto quello che avevo solo guardato distrattamente e non visto e fu così che cominciai ad apprezzare la cucina palermitana che è prevalentemente una cucina di strada.

In quei giorni girando con la mia amica per strade stradine e vicoli ,mi sono resa conto di quanto il cibo giochi un ruolo fondamentale nelle città, permeando la sua economia, la struttura dei luoghi, l’articolazione delle funzioni e la conformazione degli spazi urbani e più di tutto la ritualità collettiva.

La città può essere letta ” da un punto di vista di genere “come ho già raccontato in un articolo precedente ma a parer mio può essere letta anche ” dal punto di vista del cibo” in quanto intorno al cibo, dalla produzione alla sua trasformazione ,dal trasporto al commercio, dal riuso degli scarti fino allo smaltimento ruota un ecosistema ambientale e socioeconomico che determina in maniera significativa il livello di sostenibilità di ciascun territorio.

L’architettura degli spazi destinati a queste funzioni, i mutamenti dei costumi e delle mode mettono in scena i legami molteplici del cibo con la vita urbana e mettono al centro allestimenti e rappresentazioni che trovano nei mercati la loro massima espressione.

Palermo ebbe un mercato di eccellenza che fu la ” Vucciria ” immortalata da Guttuso in un famoso quadro ma oggi quel mercato è scomparso; non saprei nemmeno indicarne le ragioni, colgo sola il rammarico nei miei amici palermitani per questo vuoto, per altro sostituito oggi egregiamente da ” Ballaro” . Forse l’omonima trasmissione televisiva ha fatto da volano al successo di questo mercato posto alle spalle di Casa Professa nel mandamento Palazzo Reale o Albergheria dove la caratteristica fondamentale , oltre all’infinita varietà del cibo e dei colori e la cosiddetta” abbanniata” cioè il richiamo con cui si pubblicizza la virtù della merce in vendita invitando i passanti alla prova prima e all’acquisto poi. Un mercato dove puoi fare la spesa ma puoi anche mangiare, come avviene del resto in molti altri mercati in Italia e fuori d’Italia, basti pensare al Mercato di Santa Caterina a Barcellona con la bellissima copertura ondulata in mattonelle di ceramica o il Markartal di Rotterdam a forma di ferro di cavallo che nella sua parte piena ospita le abitazioni mentre nello spazio interno c’è il mercato con la grande volta tutta decorata da un murales di frutta e fiori.

Anche Civitavecchia ha un suo mercato, ma lo caratterizzano in negativo due aspetti: il fatto di vivere solo la mattina lasciando la zona di una desolazione infinita, e il fatto che non c’è la possibilità di mangiare nulla se si fa eccezione per qualche pizzeria che sembra casualmente trovarsi nei paraggi, tralasciando di parlare poi dell’ esposizione della merce che lascia non poco a desiderare.

E’ un vero peccato perchè passeggiare all’interno di un qualunque mercato è una avventura urbana, e rappresenta quel legame tra la città e la campagna che non può e non deve essere ignorato.

La demolizione e ricostruzione del mercato coperto è stata a dir poco una occasione perduta; mai si vide al mondo un manufatto più brutto, mentre il mercato storico, quello del pesce per intenderci, è ancora chiuso e non si conoscono i tempi per la sua riapertura.

Si rende assolutamente necessario un piano di riqualificazione dell’intera zona che coinvolga, partendo dal mercato tutto il centro urbano e storico e che non sia solo una riqualificazione di luoghi e spazi ma che sia in grado di determinare un cambio nella mentalità di tutti gli operatori della vendita perché senza un salto qualitativo nel modo di approcciarsi alla vendita la sola riqualificazione urbana non sarebbe sufficiente.

Ricordando che i legami tra il cibo è le città in genere, hanno a lungo andare prodotto valori culturali che sono diventati patrimonio storico dei territori, aspetto fiduciosa qualunque cambiamento.

ROSAMARIA SORGE