Non trivelliamo …… il futuro

di BENEDETTO SALERNI ♦

Almeno su un punto dobbiamo essere tutti d’accordo: il quesito referendario sulle trivelle ha avuto il merito di aver posto all’attenzione dei media e della popolazione la complessa materia energetica del sistema Italia.
Non penso che ricorderemo l’ultima campagna referendaria per la chiarezza e per i contenuti del dibattito poiché, anche questa volta, è stata essenzialmente caratterizzata dalla  contrapposizione politica nazionale trascinandola al di fuori dei veri nodi politici che il quesito referendario poneva. Abbiamo visto degli atteggiamenti di carattere ideologico al tema e delle dichiarazioni politiche intente alla personalizzazione del risultato referendario che hanno senz’altro dominato la partecipazione e la scelta del voto dei cittadini.
La radicalità e la particolarità del confronto è apparsa fin da subito legata ad altri obiettivi di diversa natura politica anziché incentrato al quesito sulla durata estrattiva di alcune concessioni degli idrocarburi proposto dal referendum. La grande ed inaspettata sorpresa del dibattito è stato vedere i nuovi “catalizzatori del circo mediatico” aver trasformato il tema referendario nella battaglia politica per la leadership dentro il loro contesto politico. Li abbiamo visti mettere in scena la migliore retorica politica su aree inesplorate della scienza e dello spazio, dei problemi irrisolti della pace e della guerra, delle sacche di ignoranza e pregiudizio non ancora vinte pur di introdurre nella discussione i punti fondamentali del prossimo dibattimento politico. E’ stato abilmente rimosso l’assunto della politica energetica nazionale e globale dalla discussione riproponendo dei vecchi cavalli di battaglia del modello “giustizialista” della prima repubblica – di cui non sentivamo certamente la mancanza – come il perenne conflitto d’interesse tra la magistratura e la politica arrivando alla perenne richiesta interpretativa alla corte costituzione sul “non voto” ai quesiti referendari. Infine, per non far mancare nulla al nostro vissuto politico, il classico, doveroso ed immancabile “sano” opportunismo politico nei Talkshow riguardo importanti e fondamentali risoluzioni nazionali ed europee sulle questioni dei migranti, della sicurezza nazionale e internazionale etc.
La vicinanza del referendum sulle “trivelle” ha praticamente rappresentato la prova generale delle attuali forze socio-economiche del panorama nazionale vista l’imminente fase politica ricca di impegni elettorali e costituzionali.  Si sono notati i primi approcci, le prime linee di indirizzo programmatico e d’interesse alle costruende “fazioni” trasversali politiche che attraverserà il mondo dell’associazionismo e il mondo sindacale fino ad arrivare a quello confindustriale.
La campagna referendaria gli ha concesso un palcoscenico consentendogli di delineare chi sarà il futuro regista, gli attori principali e gli attori non protagonisti, le comparse e quant’altro sia necessario per aprire la diaspora politica che sarà sottoposta al giudizio dei cittadini nell’arco di pochi mesi.
Le analisi degli opinionisti sul mancato quorum del  voto referendario sono state superate – con tutte le sue “scorie” – dagli editorialisti dei maggiori quotidiani nazionali. Le loro osservazioni sono state essenzialmente rivolte alle possibili e palesi contraddizioni   politiche che potrebbero scaturire dalle prossime e importanti elezioni amministrative di giugno e dall’attesissimo referendum sulla riforma costituzionale di ottobre. Una proposta di riforma costituzionale che certamente “accenderà” ancor di più gli animi politici  nelle “scelte”  che vedono – paradossalmente –   interessato il nostro territorio.   La proposta referendaria sulla  rivisitazione delle competenze regionali, la quale riconsegna  allo Stato la competenza legislativa sulla rete di trasporto di interesse nazionale ( porti, aeroporti e autostrade) e sulla produzione e distribuzione di energia elettrica (petrolio, gas e elettricità), non può passare inosservata alla nostra città portuale e di servitù energetica.
Tuttavia non si può considerare concluso il dibattito sul tema energetico nazionale e globale. Il nostro governo ha sottoscritto il protocollo  sul clima conseguito dalla conferenza ONU di Parigi tenutasi alla fine dello scorso anno. In quella sede  il governo  si è assunto l’onere di presentare degli impegni rivolti alla riduzione delle emissioni disponendo maggiori risorse economiche da investire nelle energie rinnovabili per un definitivo contenimento climatico. Tali impegni camminano in direzione del superamento degli attuali limiti sulle emissioni dettati dalla necessità nazionale tramite la SEN 2012 e   rilancia  il nostro sistema energetico non soltanto legandolo all’innovazione proveniente dalla ricerca e dallo sviluppo tecnologico, ma svincolandolo dalla produzione energetica tramite fonti fossili.
La partita del futuro scenario energetico si gioca nella graduale uscita dall’utilizzo del combustibile fossile. I nuovi indirizzi di politica energetica vanno nella direzione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e dei servizi a rete – relativamente alla luce, al gas, all’acqua, alla telefonia, ad internet etc. etc. – e nella massima  produttività degli impianti per ridurre il costo della “bolletta” alle imprese e alle famiglie.
La questione del combustibile fossile è un tema abbastanza “scottante” della nostra città e non è soltanto annesso agli effetti impliciti dalla presenza delle fabbriche produttori di energia elettrica.   Il futuro del sistema elettrico si dovrà inserire nelle intrinseche condizione di contesto esistenti nel nostro comprensorio.
L’attuale maggioranza politica comunale tratta coerentemente la materia energetica e la cura ambientale assieme a  tutte le altre che interessano la collettività civitavecchiese come la cultura, l’urbanistica etc etc. . Si evita il confronto dentro il consiglio comunale per arrivare ad accordi di giunta “monetizzando” alcuni aspetti ambientali:
Si rinuncia all’utilizzo delle fonti rinnovabili derivate dall’ultima convenzione comunale, discutibile anche la forma dell’eliminazione dell’osservatorio ambientale così come la questione della discarica. Scadenti se non pietose sono le condizioni di alcuni parchi e del verde cittadino e l’adesione alla  “marcia della salute” senza dare nessuna considerazione politica alla “Lettera delle istanze volta a tutelare la salute pubblica” fatta dagli organizzatori della stessa chiude il quadro non di certo incoraggiante.
L’esito locale del referendum ha messo in evidenza la grandissima percentuale dei votanti per il Si raggiunto con pochissimo dibattito politico  e pochissimi incontri con i cittadini dei  connessi comitati promotori. Si è adagiato alle trasversalità delle dinamiche e delle criticità nazionali. Tuttavia, nello stesso periodo della campagna referendaria, sono di nuovo emerse le passate e oramai superate vicissitudini politiche  del fronte progressista a colpi di comunicati stampa. Ancora stentano di trovare la “quadratura del cerchio” dopo la evidente sconfitta  – e chiusura di un periodo politico – proveniente dall’ultima elezione amministrativa nonché faticano a trovare una nuova identità politica e programmatica. La contestualità del nostro territorio al prossimo appuntamento referendario (confermativo) non lascia trapelare il rilancio del fronte progressista al riequilibrio del nostro territorio.  Non può passare inosservata la volontà di tantissimi cittadini di partecipare a delle iniziative delle forze progressiste funzionali al miglioramento della qualità vita e di un nuovo dinamismo economico-sociale.

di BENEDETTO SALERNI